venerdì 1 febbraio 2008

polvere rossa

Polvere da smaltire pian piano, ora che son tornato, da tossire e da soffiar via dal naso, una sottile polvere rossa, compagna immancabile del mio viaggio in Burkina Faso. Sono stato a Koudougou, a Ouagadougou, a Bobo Dioulasso, a Banfora, a Sabou, a Imasgo e a Tebò, a Boromo e sempre, ovunque, la stessa polvere mi ha rincorso. La sollevano le auto, mentre sfrecciano sulle piste di terra battuta, la raccolgono le donne, con i loro corti scopini di paglia, ammucchiandola in piccole piramidi che vengono poi vendute ai costruttori che passano coi loro sgangherati camion a raccogliere materiali edili nella savana. La stessa polvere che impastata all'acqua forma i mattoni stesi a seccare al sole e poi ordinati in muretti, case, granai, in cui uomini, donne, bimbi e maiali, galline e faraone, asini e buoi, lucertole e zanzare condividono la loro esistenza. E' stato un tuffo in un modo d'essere antico, di vite semplici, di umiltà e di estrema generosità, in cui una lampadina diventa un lusso, e il tempo scorre lento verso ogni tramonto. Sono rimasto affascinato dalla rigida struttura dei villaggi, dalla condivisione dei beni e dai ruoli di ciascuno e altrettanto spaventato dalla illusione di progresso trovata in città, dove migliaia di minuscoli venditori di poche cose si fanno concorrenza spalla a spalla, dove il moderno sacchetto di plastica ha trasformato i cortili e le strade in enormi discariche a cielo aperto! Ho poi avuto sdegno nel vedere l'arroganza delle istituzioni, arroccate nei loro palazzi sfarzosi, che sfrecciano trombettando sulle strisce d'asfalto statale, seduti sulle loro auto giapponesi quatre-quatre, sprezzando quei loro concittadini che rovinano l'immagine del paese con le loro stentate vite.
Le stelle dominano incontrastate la notte, insieme alla grande luna e la natura lotta per sopravvivere all'avidità degli uomini: rubano legna e raccolgono frutti, incendiano per coltivare e spingono gli animali selvatici lontano, per dar pascolo alle mandrie domestiche. Un sistema sostenibile, nella dimensione del villaggio famigliare, ma che intorno alle enormi metropoli, ha assunto le dimensioni di un apocalittico deserto. Una fetta d'Africa affascinante, senza dubbio, per quanto povera e difficile, a cui mi sono legato e di cui tornerò a parlare.

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